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Giulio Ferrari – Il pioniere dello ‘champagne italiano’

Quando il metodo classico era ancora una fantasia…

In Francia già da tempo (oltre 200 anni) si produceva un vino spumante naturale (ovvero un vino caratterizzato da una presenza di anidride carbonica formatasi per procedimento naturale, attraverso la rifermentazione in bottiglia) anche se fino a metà ottocento aveva un sapore dolce, tipo Sauternes; già qualche esperimento era stato portato a termine in Italia (Carpenè, nel 1868 e Gancia nel 1860) quando, nel 1902 Giulio Ferrari, grazie alla sua formazione enologica e agronomica francese e tedesca, riuscì, con la sua lungimiranza ad avviare in Italia, a Trento, la prima “fabbrica di Champagne” (come egli stesso soleva definirla). Fu proprio questa sua attività, per altro non la principale, a fargli guadagnare l’appellativo di ‘padre della spumantistica italiana’.

CHI ERA GIULIO FERRARI?

Giulio Ferrari nacque a Calceranica, sulle sponde del lago di Caldonazzo, in provincia di Trento, il 9 aprile 1879 da una famiglia legata da generazioni all’agricoltura ed all’arte serica. Frequentò l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige – oggi fondazione Edmund Mach ed allora Landwirtschaftliche Landeslehranstalt und Versuchstation – proprio nel periodo di dirigenza di Edmund Mach, e grazie al suo insegnamento, prendendolo a modello, Giulio Ferrari, non ancora ventenne, iniziò a condurre autonomamente le proprie prime sperimentazioni in campo vivaistico, contribuendo in prima persona al miglioramento della nuova tecnica post-fillosserica su piede americano.

Giulio Ferrari – Il pioniere dello 'champagne italiano'

Come sottolineò nel 1986 l’emerito prof. Attilio Scienza, allora direttore dell’Istituto Agrario, “l’idea della selezione della vite, applicata dapprima solo a livello massale e poi sempre più rigorosa, fino a diventare clonale, è sicuramente una delle maggiori evidenze elaborate da Ferrari”. L’attività vivaistica fu, e rimase per tutta la vita, la sua principale attività, il punto focale dal quale più avanti, si dipanò la sua passione per l’attività spumantistica. Egli credeva infatti che un grande champagne fosse innanzi tutto legato, non tanto, o solamente al metodo, ma soprattutto alla qualità delle uve, quindi alle condizioni pedo-climatiche, ed alla selezione clonale. Intuì già durante le sue prime esperienze europee, in Francia, alla prestigiosa Grande École di Montpellier e a Geisenheim in Germania, nella valle del Reno, al celebre istituto superiore di agricoltura, che la strada giusta per debellare definitivamente l’ormai diffusa epidemia della fillossera sarebbe stata quella dell’innesto – barbatelle di vite europea innestate su piede (porta innesto) americano. La fillossera, grave malattia fungina che, a fine ottocento, attaccò i vigneti di tutta Europa, provocando la morte irreversibile della pianta della vite, attaccandone la radice, veniva da molti considerata come una malattia temporanea e passeggera causata da un insetto e facilmente debellabile con adeguati trattamenti e disinfezioni del terreno, ma in realtà così non fu, e la malattia si diffuse a livello endemico – ciò che Ferrari aveva previsto.

Il suo peregrinare europeo non si esaurì qui e grazie ai suoi periodi di studio e praticantato nella regione dello Champagne (prima a Reims e poi a Epernay) acquisì una nuova passione, che l’avrebbe portato presto ad importanti riconoscimenti: la passione per le ‘bollicine’ francesi. Qui vi apprese tecniche, metodi e conoscenze che si sarebbero successivamente rivelate vincenti applicate ad alcune intuizioni.

Giulio Ferrari – Il pioniere dello 'champagne italiano'

Ritornato a Trento, sul finire del secolo, pur continuando la sua attività vivaistica in Friuli, iniziò a maturare l’idea di produrre ‘champagne’ italiano: il Trentino, secondo Ferrari, era del tutto assimilabile alla Champagne, e per condizioni climatiche e per terreno. Nel 1902 avviò quindi la sua azienda spumantistica, prima a Calceranica, sulle sponde del lago di Caldonazzo, poi a Trento, nel cuore del centro storico, producendo per primo in Italia, uno ‘champagne’ tutto italiano, prodotto con le uve classiche del metodo champenoise francese (chardonnay e pinot nero) coltivate sulla collina di Tenna e sottoposto ad un processo di rifermentazione in bottiglia. Questa data sancì l’inizio della tradizione del metodo classico in Italia e Giulio Ferrari fu l’antesignano dell’attuale valorizzazione territoriale incorporata nella denominazione Trento DOC. Fu solo qualche anno dopo, però, che gli venne ufficialmente riconosciuto il merito ed il talento per la sua produzione: nel 1906, all’Esposizione Internazionale di Milano, il ‘Grand Crémant Impérial Maximum Sec G. Ferrari & C.ie’ venne insignito della medaglia d’oro. È con il 1908 che inizia a tutti gli effetti, da una parte la sua attività vivaistica, trasferendosi definitivamente dal Friuli a Trento, e dall’altra la produzione significativa di spumante – dalle 300 bottiglie iniziali passa ad una produzione di 2000 bottiglie. Sarà solo nel settembre 1953 che Giulio Ferrari, ormai quasi ottantenne, deciderà di cedere la sua amatissima casa spumantistica ad una famiglia rigorosamente trentina, la famiglia Lunelli. Al nipote invece sarà affidata l’attività vivaistica.

E SULLO CHAMPAGNE…

Dom Pierre Perignon si ritiene sia l’inventore dello Champagne, anche se molte fonti sostengono il contrario. Certo è che a Dom Perignon, monaco benedettino dell’abbazia di Saint Pierre d’Hautvillers, a nord di Epernay, va senz’altro il merito di aver dato il via alle moderne tecniche di spumantizzazione. Fu lui infatti ad affinare le tecniche del coupage (assemblaggio, ossia l’unione di mosti e/o vini provenienti da diverse zone), della rifermentazione in bottiglia – la particolarità che contraddistingue il metodo champenoise da altri metodi di spumantizzazioni quali lo charmat – tramite l’aggiunta di sciroppo zuccherino e fiori di pesco ad un vino dell’annata precedente, e l’introduzione del tappo in sughero con ancoraggio, indispensabile per evitare l’apertura della bottiglia causata dalla pressione sviluppatasi all’interno della bottiglia. Ancor oggi, l’immenso valore da lui apportato al metodo champenoise, gli viene riconosciuto attraverso uno dei migliori e più riconosciuti champagne che di lui porta il nome.

LA DOC ‘TRENTO’

Lo champagne, secco, come siamo abituati a conoscerlo oggi, da aperitivo ed ottimo in accompagnamento a qualsiasi tipo di pietanza, si diffonde in Europa solo nel corso dell’ottocento grazie alle richieste del mercato inglese. In Italia, i primi produttori di vino spumante, prodotto da uve chardonnay e pinot nero – come da tradizione francese – sono Antonio Carpenè, nel 1868 e Giulio Ferrari, nel 1902. In Trentino, la produzione di spumante metodo classico si svilupperà e diffonderà massicciamente solo negli anni ’60. Questa attività culminerà nella fondazione dell’Istituto Trento DOC Metodo Classico nel 1984 e nel 1993 con il riconoscimento della DOC Trento, che dopo quella dello Champagne, è la prima a livello mondiale riservata esclusivamente ad un metodo classico ottenuto con uve Chardonnay o Pinot Nero.

Giulio Ferrari – Il pioniere dello 'champagne italiano'

Oggi, fanno parte del marchio TRENTODOC ventisette produttori:

ABATE NERO
ACCADEMIA DEL VINO CADELAGHET Az. Vin.
AGRARIA RIVA DEL GARDA
BALTER Az. Agr.
CANTINA ALDENO SOCIETA’ COOPERATIVA
CANTINA D’ISERA
CANTINA TOBLINO
CANTINA MORI COLLI ZUGNA
CAVIT Srl
CANTINE MONFORT Srl
CESARINI SFORZA SPUMANTI
CONTI WALLENBURG Srl
ENDRIZZI Az. Vin.
FERRARI F.LLI LUNELLI
ISTITUTO AGRARIO DI S. MICHELE a/A.
LETRARI Az. Agr.
MADONNA DELLE VITTORIE Az. Agr.
MASO MARTIS Az. Agr.
METIUS
ROTARI
PEDROTTI SPUMANTI
PISONI Az. Agr.
REVI’ Az. Vin.
SIMONCELLI ARMANDO Az. Agr.
VITICOLTORI IN AVIO – ATHESIA VINI
VIVALLIS
ZENI ROBERTO Az. Agr.

LO SAPEVATE CHE…

Un aneddoto fra Giulio Ferrari ed un giovane diplomato dell’Istituto Agrario di S.Michele all’Adige, rivela ancora una volta la sua forte personalità e la consapevolezza di esercitare un’arte raffinata ed aristocratica: il giovane gli propose la vendita di circa 2000 bottiglie del suo spumante ai celebri armatori genovesi, i Fratelli Costa, che tanto ammiravano l’impresa Ferrari ed il proprio prodotto, come fornitura per tutte le navi della loro flotta e, la risposta di Giulio Ferrari non potè essere che la seguente:

“2000 bottiglie! Mio caro signore, dica pure ai suoi cari amici che la mia non è una fabbrica di gazzose! 48 bottiglie gliene posso dare, ma solo perché c’è Lei in mezzo a questa faccenda!”

articolo di Letizia Pasini, Siamo Donne

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